Cazzima Style.

[Scritta il 29 gennaio 2016]

No, non è opera mia, l’autore è un giovane scrittore napoletano, il pezzo l’ho trovato per caso online e mi è balzato agli occhi.
E credo sia emblematico, indicativo di tutto quello che adesso io vorrei tanto sapere essere e non so diventare, o meglio, ritornare ad essere.
Perchè fino a qualche tempo fa che io fossi “cazzimmosa” era una delle poche certezze che chi mi conosce un pò meglio poteva girarmi contro come accusa (anche se in certi momenti è molto più simile ad un pregio, credetemi).
Ma la vita poi ti plasma, ho smesso, e forse non è un male, forse è crescita. Io però me l’appunto qui, hai visto mai un giorno tornasse, saprò riconoscerla.

Cazzimma è la prima cosa che la gente che viene a Napoli impara. E non perché ci sia una guida o un tutorial che dice che si deve fare così, no. È tutta colpa di una comicità spicciola, moderna, che si diverte a giocare con le parole che fanno del vocabolario napoletano il primo al mondo per sfumature, doppisensi e sillogismi da taverna. In qualsiasi altra parte del mondo, quando qualcuno si comporta male, lo si addita e lo si definisce “cattivo”. A Napoli no. A Napoli c’è tutta una serie di parole tra cui scegliere: fetente, infame, strunz; c’è qualcuno che addirittura usa “assassino”; poi roppiafacc, bastard e, naturalmente, cazzimmus. Cazzimmus che deriva da cazzimma, e di cui il significato non è difficile da spiegare, ma di più. È come provare a raccontare a un giapponese lo humor inglese: non ci capirà niente; sicuramente non riderà, e quasi certamente non starà lì pronto a farsi pigliare in giro – minaccerà di suicidio o di tagliarsi via un dito per l’offesa subita. A Napoli è la stessa cosa: lo humor inglese è la cazzimma e il giapponese di turno e l’X abitante del resto del mondo. Non c’è nessuno, ma veramente nessuno che possa capire, anche solo di sfuggita, che cosa voglia dire cazzimma. Non se prima non l’ha provata sulla propria pelle. Perché a Napoli, come al solito, la migliore maestra è proprio la vita – tanto per tenerci tra le frasi fatte. Quando qualcuno vi dice, anzi vi promette che ve lo spiegherà – “so io che vuol dire cazzimma!” – non gli credete. Anche quella è cazzimma. La cazzimma è, se mi seguite, il vantaggio ostentato, la cosa che io so, che tu vuoi sapere e che io non ti dirò mai, solo per vederti in difficoltà. La cazzimma è la zeppulella avanzata, quella che nessuno vuole, e che piuttosto che darla a te viene buttata via, così, senza nessuna pietà. ‘A cazzimma è quella del bambino che non vuole far giocare gli altri bambini coi suoi nuovi pupazzi. ‘A cazzimma è quella dell’addetto alle poste che va a rilento, ma proprio piano piano, cosicché, quando arriva il tuo turno, ti può schiaffare in faccia il cartello “in pausa”. ‘A cazzimma è quella dell’autista di pullman che ti vede, ma ti vede veramente nello specchietto retrovisore mentre corri per arrivare alla fermata, ma che non si ferma e anzi accelera. ‘A cazzimma è quella del prete che si sfasterea (si scoccia, ndr) di venire a casa tua a benedire te e tutti i tuoi figli, e che ti costringe, pure con la pioggia ed invento, pure col Natale alle porte, ad andare da lui, nella sua cappella, per la grazia di nostro signore. ‘A cazzimma è quella della mamma che ti fa lavare con l’acqua fredda, a prima mattina, “così ti svegli”. ‘A cazzimma è quella del piccione fetente che non caga finché non ti vede di passare sotto al suo cornicione. ‘A cazzimma è quella dei tanti, tantissimi politici che lavorano per se stessi prima che per la gente, e che quando qualcuno gli fa le domande rispondono pure male. ‘A cazzimma, insomma, è un gradino sopra alla cattiveria e un gradino sotto alla malvagità. Per intenderci: il Diavolo non è cazzimmoso, ma è malvagio; il bambino che ti tira il supersantos addosso non è cazzimmoso, ma cattivo. Il vigile urbano che prima ti dice di sì, che puoi stare in seconda fila un secondo, e che poi, appena te ne vai, ti fa la multa, quello è cazzimmoso. In parole povere: la cazzimma non si può raccontare e nemmeno spiegare al profano; la cazzimma si può solo vivere, e una volta vissuta riconoscerla sarà un gioco da ragazzi. Come per il cane che, trovato il primo tartufo, troverà gli altri ad occhi chiusi.

GIANMARIA TAMMARO

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