Gli occhi di Narciso

Tutti siamo capaci di amare, e ho letto da qualche parte che ognuno sceglie chi e come farlo in base a dove la natura ha posizionato il suo cuore.

Perchè c’è chi lo ha più vicino alla propria anima e chi lo ha spostato più vicino al proprio ego.

E leggendo questa cosa mi è tornata in mente la leggenda di Narciso, un uomo bellissimo, figlio di una ninfa e di un dio, accecato dalla sua stessa bellezza a tal punto da essere destinato alla sua fine qualora si fosse visto in volto.

La madre nascose ogni oggetto che potesse rifletterne il viso, provò a proteggerlo da un destino che lo avrebbe portato ad una morte dolorosa e solitaria.

La povera Eco, una ninfa anche lei, se ne innamorò e fini per consumarsi nell’intento di stargli accanto nonostante i suoi arroganti rifiuti e la supponenza con cui sempre sosteneva di essere troppo per lei, poichè lei non sapeva cosa fosse davvero l’amore.

Aminia, il suo più fedele amico che ne era anche lui segretamente innamorato, si uccise con la spada che Narciso stesso gli aveva consegnato chiedendo, come dimostrazione della sua dedizione, il coraggio di ammazzarsi.

Cosa che Aminia fece ottenendo non solo la completa indifferenza di Narciso, ma anche il suo scherno, quando dopo averlo visto morto lo apostrofò come un povero ingenuo capace solo di infastidirlo.

Ad ogni cosa che lo distogliesse dall’attenzione su se stesso e sulle sue convizioni, c’era una condanna pronta: dall’ignoranza alla superficialità, dalla maleducazione all’invadenza.

La sua esistenza fu condizionata dalle sue idealizzazioni a tal punto da non consentirgli più di provare alcuna emozione, di comprendere quelle altrui o quanto meno di rispettarle, rendendolo schiavo di se stesso.

Ma venne il lago.

Un giorno Narciso si trovò di fronte a quello specchio d’acqua, limpido, fermo, e la tentazione di guardarci dentro fu tale che in pochi attimi i suoi occhi si riempirono di tutta la bellezza del suo volto, la perfezione dei suoi lineamenti, la compostezza dei suoi capelli. I suoi stessi occhi.

E tutto il resto non esisteva più.

Il lago è lo specchio di fronte al quale prima o poi ci ritroveremo tutti, a fare i conti con i mostri che ci portiamo dentro e che evitiamo in tutti i modi per paura di non saperli affrontare, di non riuscire a conviverci, autoconvincendoci che non esistono.

E invece sono lì, accovacciati nell’angolino in cui li abbiamo relegati che alla prima occasione tornano impietosi a ricordarci quanto sia stupido da parte nostra cercare di ignorarli invece di provare a risolverli, a risolverci.

Narciso era il suo stesso mostro, ma non se ne rese conto.

Mentre costruiva la sua gabbia fatta di fili d’oro di autocelebrazione, vantandosi continuamente di se stesso e della sua perfezione, non si accorse che ne stava rimanendo intrappolato. Per sempre e solo.

Mentre allontanava il pensiero dell’amore silenzioso di Eco e dell’amicizia accorata di Aminia, insultandoli e ritenendoli immeritevoli delle sue attenzioni, si rinchiudeva in un mondo illusorio che mai si sarebbe potuto realizzare, o che comunque lo avrebbe fatto rimanere circondato da nulla che avesse valore.

E cosi, mentre una svaniva e l’altro si ammazzava, si compiva una terza tragedia.

Il culto del sè di Narciso superò la lealtà verso i sentimenti piu spontanei a cui lui non diede nemmeno una chance. Superò il senso del rispetto di chi gli stava accanto incondizionatamente, la sensibilità che ogni essere umano dovrebbe riservare a chi lo ama.

Nell’utopica illusione di poter baciare il riflesso di se stesso nel lago, Narciso morì.

Perse di vista la logica più basilare, pensò che quel rilesso fosse vero, tentò con tutto il suo entusiasmo di abbracciarlo, e annegò, senza nessuno che gli stesse accanto.

Rinnegando una realtà limpida come lo stesso lago in cui finì.

Ricordatelo ai Narcisi che avete nella vostra vita: dell’amore che non vuole vedere e non vuole sentire si muore, purtroppo.

Diteglielo che nelle relazioni liquide, che siano amicizie o sedicenti amori, si annega.

Che continuare a guardarsi intorno per non guardarsi dentro, soffoca.

Se ne muore. E se non è morte fisica è dolore sentimentale e mentale,  che si alimenta continuando a rifiutare tutto ciò che generosamente la vita ci propone di bello e diverso dalla visione piccola e limitata che possiamo averne noi, per quanto sorprendente possa sembrare ai nostri occhi offuscati dalla brama di avere ragione.

E certi dolori nessun lago li laverà via.

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