Rosso Vergogna

Sono seduta nella sala d’attesa di un tribunale della capitale, aspettando che un giudice decida la condanna per uno che qualche anno fa mi ha aggredita per un posto auto.

Mentre parcheggiavo mi ha aperto la portiera e strattonata, pretendendo che lasciassi il posto. Calma e gesso, mi libero, chiudo la portiera e metto le sicure.
Chiamo i carabinieri, li identifico, pronto soccorso, e torno a casa. Senza paura. Sola.

Mentre aspetto mi domando come mai non esista un reato per chi maltratta i sentimenti.

In questo periodo ci sono talmente tanti mezzi per farlo, ad esempio i social… Quante volte sono stata accusata di farne un uso sbagliato, da chi peraltro adesso appare più su fb e ig che a casa sua! (… Ah, destino burlone!)

E ad ogni apparizione arriva un pugno allo stomaco, e non tanto per i contenuti in sé, quanto per la banale considerazione che tante volte è stata fatta presente a me: ma non te la potevi risparmiare?

E invece no, arrivano inattese queste botte di cattiveria gratuita, così come inattese arrivano per fortuna anche le cose belle, tipo i pezzi vecchi di un certo spessore alla radio.

Oggi ad esempio ho riascoltato una canzone di Marina Rei che non sentivo da tempo, è impressionante come certi versi scritti da altri possano descrivere le sensazioni che viviamo sulla nostra pelle.

Forse dipende dal fatto che alcuni stati emotivi siano molto piu diffusi di quanto si possa immaginare, e anche quando ci sentiamo unici nel nostro vivere gli accadimenti della vita, quelle volte che ci diciamo “nessuno mi può capire!“ , in realtà c’e’ gia chi quel pezzo di vita lo ha vissuto e ha avuto persino il tempo di scriverci una canzone!

“I miei complimenti” descrive con una dolcezza struggente quello che si può vivere quando nel dolore di una perdita si ci nutre di autocritica piangendo segretamente le proprie debolezze, armandosi di una capacità di introspezione che a detta di qualcuno più famoso di me è un mostro divorante e va nutrita di cose varie, esterne al se stessi.

Ma io, che faccio sempre più fatica ad accodarmi come una pecorella al gregge degli alternativi, non la penso così, e credo che introspezione sia autoconoscenza, che le novità non possano fare altro che completare il nostro percorso.
Credo che conoscersi e riconoscersi ogni volta che qualcosa ci destabilizza resti fondamentale per riprendere il cammino, ridefinire le priorità, vivere al meglio.

I complimenti della Rei vanno però ad altri, a chi forse senza rendersene conto, si prende gioco dei sentimenti altrui, perfeziona quotidianamente la capacità di umiliare la buona fede di chi ha voluto nella propria vita con ostinazione e decisione.

E con la stessa determinazione ne caccia via dapprima la presenza, l’odore, il contatto, e poi il pensiero fino a non averne più nemmeno ricordo tanto da avere la superficialità di esporsi ancor più al ”pubblico”, ben sapendo quando sia alto il rischio di far male ad altri.

Riesco ancora a stupirmi anche io, di quanto male si possa riuscire a fare agli altri ma anche e soprattutto a se stessi, quando si ci impone dei distacchi in nome di una libertà che diventerà a lungo andare solitudine, perdita, anche quando si ci sente circondati da persone amiche, dalle chiacchiere confortanti di chi ci parla solo per darci ragione, dai giusti compagni di giochi che ti tirano per la gola e ti riempiono le serata di una felicità a base alcolica, che solo chi ha avuto il privilegio di poter dare uno sguardo profondo sul lato piu intimo che custodiamo gelosamente riconoscerà come una interpretazione cinematografica da Oscar.

Perchè l’intimità è quando ti togli l’armatura non i vestiti.

E quindi anche quando non si è soli per scelta razionalmente definita, il punto è che comunque non si è con chi realmente si vorrebbe.

Con chi a quel punto è lontano, in caduta libera ma alla ricerca del vento giusto per riprendere a volare. Via.

Lasciare al destino la scelta, dice poi la Rei, decisione che allevia la pena…indubbiamente comoda, perchè non richiede sforzo, scarica sul destino le colpe, distrae da quanto realmente si stia perdendo, porta l’attenzione dal fare all’aspettare ma non risolve l’irrisolto, semplicemente lo nasconde.
E non aiuterà a smettere di accontentarsi e a percorrere il sentiero più appropriato verso la serenità vera.

Queste sono le persone che anticipano tutte le fasi di quella che tecnicamente viene definita l’elaborazione di un lutto e arrivano in modalità zen alla loro scelta senza che “il morto” se ne renda conto, poi chiudono su se stessi il mondo, ne diventano il centro e tutto il resto può andare a farsi benedire senza che loro se ne sentano toccati.

E c’è davvero da complimentarsi per la centratura, le capacità di autoconvicimento delle bugie che si raccontano ogni giorno, la completa assenza di empatia e diciamolo, l’egoismo che a volte sarebbe bene avessimo un po tutti perchè è salvifico e difende anche da se stessi a quanto pare.
Sono quelli per cui la persona ambiziosamente definita amata, non è altro che un oggetto su cui affilare le unghie e prepararsi alla prossima battaglia.
Perché la vita è tutta una guerra e ne resterà uno solo!
Solo, appunto.
E complimenti allora, bravi voi.

A noi che restiamo a dipingerci la faccia di rosso vergogna, noi che a quanto sembra stiamo precipitando, resta la capacità di elaborare con i dovuti tempi tutte le fasi della perdita, interiorizzarle e comprenderle, farle nostre con tutti gli insegnamenti che ne derivano.
Costruirci i nostri paracaduti senza usare nessuno, atterrare sui nostri piedi senza doverci appoggiare ai passanti.

Chiude la Rei, e a questo punto anche io, vorrei lentamente lasciarmi sedurre.

Purtroppo sulla questione farsi risedurre dagli eventi, forse a noi è il ”lentamente” che manca.
E non fraintendermi.
Non voglio dire che abbiamo fretta a rimpiazzare il perduto, la fretta che abbiamo è quella di tornare a noi.

A noi che riempiamo le giornate di cose da fare per arrivare presto alla sera.
Noi che la vita ci prude come fosse un’orticaria, per quanta ne abbiamo in corpo ha lo stesso effetto di un’eruzione cutanea adolesceziale, il primo sintomo del cambiamento incombente, che dobbiamo trovare il modo di affrontare.

A noi che per fortuna elaboriamo prima di tutto e prima di tutti che se nessuno è morto sul serio basterebbe solo avere il coraggio di rendere tangibile il recupero, che la vita si potrebbe riprendere senza troppe complicazioni a partire da ciò che si vuole davvero.

E che infondo da subito sappiamo che qualcuno che ci aiuti a grattarci dove la vita ci irrita arriverà quando saremo pronti ad accoglierlo e quando sarà la persona giusta.
E allora si che sarà solo una vera goduria, di quelle a cui non si rinuncia per nessun principio al mondo, di quelle per cui si diventa pecora nera.

E che accende sorrisi al di là delle circostanze e della prossima foto da pubblicare.

E qui io mi dissocio dalla Rei, e i complimenti li faccio a noi.

Bravi loro, ma bravissimi noi.

Ps: per la cronaca, il tipo pagherà le spese e i danni.
Mentre scrivevo ho capito.
È evidente che certi reati esistono perché ci vuole un giudice a decretare la punizione.
Per altri non è necessario scomodare la giustizia, chi li commette poi si punisce da solo.

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