La lunghezza del tempo

La gente dovrebbe essere felice più spesso, concentrarsi a trovare le condizioni ideali in cui lo spirito vola leggero e la mente è serena. Lo stato in cui il tempo vola.

Si è sempre detto che quando si sta bene il tempo sembra passare più in fretta, è ovviamente una questione di percezione ma effettivamente il contrasto tra desiderio e realtà rende ancora più evidente la sensazione di inafferabilità di certi momenti di gioia, quando speri che qualcosa duri in eterno e invece finisce comunque prima di quanto tu vorresti.

E viceversa. I giorni che non passano mai, il tempo che si dilata nei momenti di difficoltà appesantiti dalla incapacità di trovare delle soluzioni immediate che mettano subito fine al disagio, che in qualche modo invertano la tendenza negativa e riportino subito ad uno stato di calma.

Sono quei giorni in cui la solitudine non è più un dono, e tipicamente le persone che vorresti sentirti accanto non ci sono, per ragioni spesso più che valide ma mai sufficienti. Sono i giorni che si arriva a fine serata stanchi ma tutto sommato ci si può intimamente complimentare con se stessi perchè, nonostante tutto, nonstante i dispetti della vita, hai resistito, sei salda e dritta sulle tue gambe: sola, ma stai bene.

Ci hanno sempre detto, e ci siamo sempre detti, che siamo noi gli architetti del nostro disegno di vita ma obiettivamente le dinamiche non sono così immediate (esattamente come la laurea in architettura, aggiungerei) e sicuramente non c’è mai una logica tanto semplice ed adattabile da rendere le cose più facilmente risolvibili, il recupero della felicità più rapido e lo scorrere del tempo più incalzante.

E così la lunghezza del tempo si gestisce da se, non si controlla, e si alternano periodi di un limbo nevrotico percepito come lunghissimo ad inafferabili felicità percepite come attimi.

Questo ultimo anno, per esempio, è stato un anno fatto di periodi lunghissimi a difendersi con le unghie, ad assalire i problemi e a ringhiare contro la vita al punto da farmi venire le rughe e segni che non andranno più via.

A non avere paura, oppure ad averne ma ad andare avanti lo stesso, a sviluppare la consapevolezza che prima mi sarei abituata a risolvere ogni cosa con le mie sole risorse, prima avrei trovato equilibrio.

L’anno della felicità nei ritagli di tempo, quella “fatta di attimi di dimenticanza”, come diceva Totò.

Ma poi ho sviluppato una mia personale teoria: la teoria de “il minuto prima che”.

Ho capito che la lunghezza del tempo, la gioia che possiamo velocemente trarne o il fastidio che si prolungherà contro la nostra volontà, dipende sempre da quello che scegliamo di fare il minuto prima che una delle nostre azioni crei delle conseguenze.

C’è sempre il minuto prima di spegnere il telefono rimandando a domani la risposta ad un messaggio di qualcuno che ci ha scritto, prima di non aprire la porta a qualcuno, prima di addormentarci, prima di arrabbiarci, prima di prendere delle distanze, prima di distrarci.

In quel minuto definiamo il seguito della nostra vita, creiamo i presupposti per una serie di altre condizioni, ci qualifichiamo agli occhi degli altri, nel bene e nel male e spesso involontariamente, generiamo aspettative positive o delusioni di cui nemmeno ci rendiamo conto e che, prima o poi, ci ritornano.

 E così facendo, determinano la lunghezza dei nostri tempi futuri, l’immediatezza della felicità o la lentezza del malessere.

Se ci focalizzassimo sui nostri “minuti prima che”, pochi secondi di attenzione, e forse vivremo tutti molto meglio la nostra personale relazione con il cosmo ed anche provare ad “architettare” il nostro destino sarebbe più semplice.

Per chi non si è fermato a riflettere, dando per scontato ciò che io avrei pensato o giustificato di fronte ad una incomprensibile superficialità nell’agire, ho collezionato dolori e delusioni, messo in fila cattiverie e invidie, chiedendomi sempre cosa gli fosse passato per la testa il momento prima di scrivermi certe cose o comportarsi con me in certi modi completamente incompatibili con quello che io normalmente sono e che loro ben conoscono, facendo sfoggio di una insensibilità inaccettabile.

E, nonostante questo, ho tenuto aperte le porte a tutti.

E meno male, perchè così facendo poi, ci sono stati anche tanti attimi di felicità, belli, intensi, rapidi ma irrinunciabili ed è stato grazie alle nuove meraviglie che quest’anno mi ha regalato, persone che hanno apprezzato e si sono fatte apprezzare.

Persone presenti e mai pretenziose, vicine e mai invadenti.

Quelle che mi fanno desiderare di continuare ad esserci, nonostante tutto, perchè aggiungono valore alla mia vita.

Ecco, queste sono quelle eccezioni che confermano la mia teoria ed hanno l’arte magica di saper allungare il tempo felice, perchè innescano ogni volta prospettive future di felicità, e perchè so che con loro potrò sempre ricostruire un clima caldo e confortevole.

Si, queste persone sono l’estate della mia vita, la stagione in cui si ci ferma per rasserenarsi, il calore distende i muscoli e il cielo azzurro distende la mente.

Ma anche il momento in cui si ragiona senza pressioni, si mette a fuoco, si prova a buttar giù i primi schizzi dei destini che vorremmo realizzare nelle stagioni che verranno.

Ci avete mai pensato a quanto possa essere bello sentirsi dire: “tu sei la mia estate?” …Essere cioè l’elemento necessario affinché tutto sembri vita, la presenza che rende possibile allentare le tensioni, accomodarsi e riguardare ogni cosa, passata e futura, senza paura.

L’estate è il minuto prima che la vita riparta, è decisiva ma leggera, è il punto di svolta che non ti accorgi di stare per percorrere. Come le persone che la rappresentano, sono ispirazione per la riflessione e per l’impulso, il supporto bilanciato nel minuto prima che il progetto futuro prenda forma.

L’altra sera guardavo una serie ambientata nella mia Campania negli anni 90 (credo che resterà la mia serie preferita per sempre!), i protagonisti ricordavano di loro stessi adolescenti quando si confidavano a vicenda sul primo bacio e lei raccontava di non averlo ancora dato perché temeva il momento prima del bacio, quando si ci avvicina, bocca a bocca, e tu non sai se l’altro rimarrà ad aspettare, se si farà avanti, se poi alla fine ti piacerà, se piacerà all’altro.

La fregatura è quella. Il minuto prima non sai nulla, non te ne rendi conto, potresti far esplodere qualcosa di meraviglioso e irrinunciabile o potresti buttarlo via per sempre.

Non vi dirò come finisce ai due ragazzini nella serie, guardatela, si chiama Generazione 56k, un altro riferimento a quanto tutto sembrava più giusto quando anche i modem si prendevano il tempo per connettersi!


Ma intanto l’estate è arrivata e con lei il minuto prima che il tempo si allunghi. Oppure no.

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