Hello September!

Settembre. Vale ancora parlarne come il lunedì della vita anche se siamo già al 7, cioè è passata già una settimana da quando “ne riparliamo a settembre” è diventato realtà?

Beh, facciamo che vale anche se sembra sia stato già detto tutto e parliamone un attimo anche qui del vero capodanno di cui segretamente ci importa più della notte tra il trentuno dicembre e il primo gennaio, ma anche l’unico che nessuno ha voglia di festeggiare.

Parliamone, anche se il bilancio ancora non quadra e quindi c’è da lavorare sui contenuti, ma tutto sommato ormai la prova costume ce la siamo tolta dalle scatole e dunque…il peggio è passato!

Parliamo del fatto che va bene anche arrivarci impreparati e senza lista dei buoni propositi, perché troppo spesso fare progetti a lungo termine ci fa dimenticare di quelli a stretto giro.

E ammettiamo anche quanto sia estremamente entusiasmante lasciarsi stupire dalla vita, vedere che certe volte anche le cose che reputavamo impossibili inaspettatamente accadono, che poi è proprio questo l’unico vero incantesimo contro il mainagioia perenne che la monotonia dell’autunno che incalza ci preannuncia.

Ecco, io sono arrivata a questo settembre con la spensieratezza con cui si arriva a qualsiasi altro mese, cioè come una che non sa a cosa sta andando incontro, ma tutto sommato nemmeno si pone troppo il problema avendola certezza statistica che esiste almeno il 50% delle probabilità che le cose migliorino rispetto al mese precedente.

Sarà forse anche grazie alla mia nuova ed irrinunciabile routine della meditazione come prima-cosa-da-fare-appena-sveglia, che eseguo da oltre 15 giorni ormai! (Un record, credetemi.)

Perché se sono pervasa da questa anomala tranquillità settembrina, con tanto di voglia di comprare piantine nuove e riempire le pareti vuote di casa, è stato forse proprio grazie ad una delle mie pratiche mattutine, cioè durante uno di quei slot da dieci minuti di presunta lucidità in cui Michela (la voce rilassante della mia app) cerca di portarmi via i pensieri, regalandomi perle di saggezza tra un respiro profondo e un’espirazione lunga e lenta.

Lì, a gambe incrociate sul pavimento del mio soggiorno (e sotto gli occhi decisamente perplessi di mia figlia) ho ragionato, anzi, meditato sull’importanza dell’essere presenti a se stessi nella celeberrima formula del qui ed ora.

Durante la pratica, Michela sosteneva con convinzione quanto fosse importante lasciare il passato dove si trova, cioè nel passato, ed anche il futuro nel punto più giusto in cui deve stare, ovvero dove ancora non siamo e concentrarsi sul momento che si vive.

Io ovviamente in quella mattina (come quasi in tutte le mattine), invece di obbedire alla voce e non pensare a nulla, ho ricordato un incontro che ho avuto quest’estate (…scusa Michela!!) con una persona a cui ho tenuto tanto e a cui tanto ho lasciato di me, in uno scambio così intenso che mi aveva dato la certezza che sempre e per sempre sarei rimasta pietra fondante della sua vita.

E invece proprio no e molti di noi fanno il mio stesso errore: troppo spesso ci radichiamo in convinzioni che vengono alimentate da ricordi bellissimi, ma che trascurano il non sottovalutabile aspetto che quei tempi sono passati ormai.

Facendo dunque pace con il concetto che i momenti magici in cui lasciavo crogiolante la mia supposta certezza di onnipresenza metafisica nella vita altrui, erano legati ad un’era e a condizioni che non esistono più, in maniera naturale, ho lasciato che la chiacchierata seguisse un flusso spontaneo, senza farmi spingere da curiosità particolari, ascoltando quello che mi veniva riferito e pensandola come una selezione di informazioni dedicate a me e a quello che in quel momento rappresentavo per questa persona.

E senza nessuna resistenza, quasi inconsapevolmente, accettavo e realizzavo durante tutti quei discorsetti, che alle persone con cui ci relazioniamo va lasciato il diritto di darci il ruolo che ci riconoscono, perchè ogni altro tentativo di presenza nelle vite altrui ha solo un nome, si chiama invadenza.

Lo stesso diritto, peraltro, che dobbiamo pretendere sia riconosciuto a noi quando modifichiamo il modo di vedere qualcuno o semplicemente tiriamo le somme, inquadriamo la totalità di un rapporto, verifichiamo quanto spazio mentale ed emotivo occupano certi legami e arriviamo finalmente a chiederci se tutto questo spazio sia giustamente destinato o se piuttosto sarebbe meglio lasciarlo libero per noi stessi o pronto per nuove fonti di serenità.

Ho realizzato che lasciare andare o anche semplicemente ridimensionare certi ingombri riportandoli alla loro dimensione reale, aiuta proprio perchè libera spazi nella testa e nel cuore, senza nulla togliere al valore delle nostre esperienze. Mi sono sentita più leggera: è profondamente liberatorio aver capito il segreto per essere sempre e solo un piacere nelle vite altrui e cioè allinearsi alle condizioni che evolvono, accettare sinceramente il cambiamento e abbandonare l’ostinazione del presidio a tutti i costi.

Perchè poi, che tutti siamo utili ma nessuno è indispensabile lo abbiamo già assodato, me lo confermate?…Ogni tanto mi risale il cinismo della anziana-giovane che è in me e che conosce a memoria tutti i detti dell’uso antico e li tira fuori col tempismo del luogo comune da incontri in ascensore. Ma in questo caso, alla fine, è una verità indiscutibile.

Però ogni tanto mi concedo anche delle visioni più sentimentali e, proprio ieri, leggevo da qualche parte una frase molto bella, diceva che nei rapporti bisogna prendersi cura delle persone e la cura non ha niente a che fare col possesso, ma piuttosto, aggiungo io, ha a che fare con il rispetto, con l’osservazione dell’altro, con i silenzi quando ne percepiamo l’appropriatezza e l’ascolto a volte anche passivo, con la discrezione e gli interventi proporzionati al calibro che ci è riconosciuto e, ancor di più, con la capacità di riconoscerlo quando arriva quel momento lì, il momento di farsi da parte.

Volere bene, ma anche volersi bene, è fondamentalmente far prevalere la volontà che si realizzi il bene dell’altro, e quindi passare necessariamente per la fase della comprensione di ciò che l’altro intende come il suo bene.  

E a meno che questo non ci crei danni o dolori intrattabili, per essere un supporto, per avere un valore aggiunto, ma anche e soprattutto per essere in pace con noi stessi, c’è solo una cosa da fare: augurargli che i suoi sogni si avverino, che i suoi progetti si realizzino, che raggiunga la dimensione che ritiene più giusta per sé, anche quando questo disegno non ci comprende o non come vorremmo noi.

E alle brutte, quando proprio non ce la facciamo a pensarci “fuori” dalla vita di un altro o in un ruolo che riteniamo sminuente, applicare l’unica sacra regola a salvaguardia della nostra salubrità emotiva e mentale: fermarsi e tacere.

Ho già scritto in qualche post precedente che è giusto riservarsi qualche sporadica occasione di essere il peggio di noi stessi, anche se questo può voler dire anche perdere il controllo di certe situazioni, dire momentaneamente ciaociao alla nostra dignità.

Ma poi bisogna farsi coraggio e ricordarsi di tornare ad essere il meglio di noi, accettare con docilità ed autocompassione i giorni della ragione, obiettivizzare, perdonarsi, e in questo il silenzio aiuta molto per mia esperienza.

Poi, chiudere i cerchi e ritornare al nostro percorso personale.

La mia voce-guida Michela mi dice sempre anche un’altra cosa: “ringraziati per il tempo che ti dedichi”.

Forse proprio questo dovrebbe diventare il principale tra i buoni propositi di ogni inizio mese di tutti noi, da fare quotidianamente, iniziando molto presto al mattino, possibilmente fino a sera inoltrata e magari proseguendo per tutta la notte fino al giorno successivo: concentrarci sulla nostra vita, sulle nostre conquiste personali, sulle posizioni che riusciamo a prendere e a mantenere a difesa del nostro equilibrio, del nostro centro.

Ieri al supermercato dove vado sempre, davanti a me una coppia andava via litigandosi l’unica busta da portare a casa perchè l’uno voleva alleggerire l’altra. La commessa, che mi vede da anni arrivare in cassa, ha visto che invece io avevo fatto tanta spesa, mi ha guardata e mi ha detto: Ma ti ricordi quando venivi accompagnata?

Le ho risposto autoironica, al mio solito: Ma non serve! Non vedi che ho imparato a razionare la spesa?!

Abbiamo riso, poi ho preso le mie tre buste e la confezione da sei bottiglie di acqua da un litro e mezzo e me ne sono andata con un grande sorriso. Non diciamolo a Michela, se no poi si monta la testa, ma la verità è che la spesa pesava, ma io ero in equilibrio.

Ed era una gran spesa di cibo e sfizioserie tutte per me…perchè purtroppo è andata così caro Settembre: io ci ho provato con sta storia dei buoni propositi e Michela me ne è testimone!!!

…Ma anche per questo mese, la dieta la facciamo il mese prossimo! 😉

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