A volte, quando espiro lentamente, risento leggeri nel naso gli effluvi del tuo profumo, e tra le labbra i gusti particolari del tuo sapore.
Mi capita quando non ti vedo per un po’ e si insinua in me la paura che sia l’inizio della fine.
Il mio corpo, allora, mi ripropone ciò che di più intimo riesce a conservare di te, le note del tuo odore, le tracce che lasci sulle mie papille gustative, quasi a ricordarmi che ciò che si radica in noi difficilmente poi si possa perdere.
Sono gli inattesi momenti di ripresa dopo lo sconforto, il fiato che riempie i polmoni dopo l’apnea in cui ti porta il crudele e infinito momento di lucidità durante il quale realizzi che nulla è per sempre.
L’altra sera, durante una delle nostre chiacchierate via messaggi, mentre ero sprofondata tra i cuscini del mio divano intenta scriverti scegliendo le parole più provocatorie, ironiche, allusive del mio vocabolario, pensavo a quanto avrei riso in futuro ricordando la sfacciataggine di certi nostri discorsi.
‘Rideró si’ mi sono detta ‘peccato che lo farò da sola…’ perché non ci sarà mai un divano da condividere, cuscino su cui sprofondare insieme in una serata di parole dette dal vivo.
Con un automatismo che la mia mente ha attivato più velocemente di quanto mi aspettassi, mi sono subito detta che questo pensiero non aveva ragione d’esistere nella mia mente.
Perché saperti con me è più importante del come ci sei.
Ti ho augurato la buona notte pur non andando a letto, ma solo perché non ti arrivasse quel dolore soffocato anzi, per interromperlo riprendendo fiato.
E poi, espirando lentamente, sei arrivato lì, nel mio naso, sulle mie labbra.
Sul divano, tra i cuscini con me.
