Message in a post…

Oriana,

Dove sei finita? L’estate è passata lenta e noiosa. Ti ho vista di sfuggita, il tempo ti ha reso donna e non solo, ha colorato i tuoi occhi di vita e il tuo viso sembra il ritratto di tutto ciò che può descrivere la bellezza.

Ho capito che stai bene perché non scrivi più, e ne sono stato felice per un po’. Ho riletto tutti i tuoi racconti ma non mi sono bastati. E adesso sono anche un po’ curioso e vorrei sapere: come stai? Chi ti ha riportato il sorriso e la felicità “spietata”, come dici tu, e ti ha distratto dalla scrittura? E quando torni? …

Ci ho messo un pò a cercare di capire chi fosse a scrivermi questo messaggio e, in verità, ancora non sono sicura di aver individuato la persona giusta, ma non è nel mio stile lasciare le cose appese, e credo che in realtà non dovrebbe essere nello stile di nessuno, quindi una risposta proverò a darla.

Mi ha fatto piacere sapere che nonostante io abbia rimosso buona parte delle persone con cui ho vissuto la mia adolescenza, invece alcuni di loro non hanno rimosso me.

Ho ricordato le difficoltà che ho avuto ad uscire dal mio intorno di quel periodo e crearmene uno differente, sull’onda lunga della mia voglia di diventare grande, di esser altro, di essere nuovo. Abbandonare amici di tutta una vita e cercarne di nuovi ha richiesto tanto coraggio, una lunga serie di rifiuti ed allontanamenti ogni volta che tornavo ed ero, appunto, altro rispetto a quello che loro conoscevano, ma è stato necessario per definire quello che volevo essere e che sono diventata.

Tuttavia, gli intorni nei quali ci stanziamo, pur essendo fondamentali aree di consolidamento della nostra personalità, hanno anche la pessima conseguenza di condizionarci a nostra insaputa e sono barriere che scremano all’ingresso, a volte generano timore in chi vorrebbe avvicinarsi, e spesso questo dipende anche da chi e cosa abbiamo già portato dentro.

Irrimediabilmente i nostri intorni si autocompongono di persone, luoghi, sensazioni e routine rassicuranti per noi, ma questo non è sempre un bene, visto che aumenta le probabilità e il rischio di chiusura in una bolla, un autoisolamento inconsapevole in una comfort zone che in men che non si dica potrebbe diventare la famosa gabbia d’oro. Che però sempre una gabbia resta.

E non so tu, amico mio, ma io non voglio più che mi si possa definire attraverso i posti o le persone che frequento. Mi piace pensare che non debba esistere un intorno che limiti l’idea di me che chiunque possa farsi, e non perchè tengo a cosa pensino gli altri, ma perchè vorrei che ognuno scoprisse e vedesse in me ciò che i propri occhi e il proprio senso empatico gli suggerisce.

Ed ecco, amico mio, arriviamo alla risposta, dove sono finita quest’estate e dove forse, infondo, ancora sono e resterò: a cancellare i limiti del mio intorno, ad aprire i confini ad occhi nuovi che possano vedere qualcosa di sorprendente in ciò che vedono guardando me. A farmi conoscere senza parlare. A scoprire che la fiducia data “a sentimento” può essere l’innesco di legami inattesi e profondi.

Ho sperimentato le meravigliose reazioni inaspettate di occhi nuovi che per la prima volta si sono posati su di me e senza sapere nulla della mia vita hanno attivato delle dinamiche di interazione spontanea anche molto confidenziali.

Ed è una sensazione bellissima quando ti trovi davanti una persona a cui, senza dire nulla, arriva qualche pezzo di te che altri non riescono a vedere, si rifiutano di accettare o più semplicemente non considerano.

La nudità di un animo supera di gran lunga la bellezza di un corpo perfetto e l’incontro di due che riescono a guardarsi sotto la corazza suscita una curiosità infatile e dunque incontenibile e una bramosia di conoscere e scrutare, resa ancora più intrigante quando per pudore, almeno all’inizio, un pò si ci guarda con rispettosa prossimità, come si fa con un’opera d’arte, prima di cedere alla tentazione di toccarla con una intensa passionale delicatezza.

E questo mi ha aiutata anche ad imparare a rivalutare tutti quei dolori che ancora patisco e a cui tutto sommato sono riconoscente, perchè mi permettono di ricordare cosa sono stata in grado di sostenere. A renderli crescita e forza interiore.

A capire come riconoscere i dolori e i limiti degli intorni degli altri, ad osservarli con dolcezza e comprensione e tuttavia a tenerli a distanza. A selezionare, quindi, gli intorni in cui vorrei stare da quelli nei quali non entrerei per amore di me stessa, per rispetto della mia sensibilità.

A cercare con discrezione e senza fretta le persone giuste con cui essere tutto quello che posso essere, e anche a mettere disordine e a portare una freschezza gioiosa nella vita di qualcun altro, restando attenta a rispettare spazi e tempi.

Che questa questione del tempo, amico mio, ci ha fregati tutti: tendiamo sempre a pensare che la felicità sia qualcosa da rincorrere e agguantare al più presto, e invece la verità è che riduciamo la nostra vita ad una puntata di Wile E. Coyote che si affanna nella continua ricerca di una trappola definitiva per il suo agognato Road Runner, e quando crede di averlo finalmente preso resta sempre con un pugno di fumo in mano…e un barilotto di dinamite pronto ad esplodere sotto il suo fondoschiena!

E invece basta dare tempo al tempo, perchè è vero quello che ci scrivevamo sui diari delle superiori, ciò che è destinato a noi arriverà e non bisognerà necessariamente dargli un nome, perchè quando arriva e ti prende, e cancella il resto, non ha tempo per battesimi, per analisi o per proiezioni futuristiche, vuole solo essere vissuto.

Poi magari finisce, perchè ogni cosa finisce, e finisce anche l’ostinazione nel perseguire realizzazioni che assomigliano sempre più a complicazioni, ma va bene. Va bene assecondarsi, darsi e prendersi spazi finchè ce ne sono, accogliere e poi lasciare andare.

Va bene finalmente rendersi conto che è bello sentirsi svegliare da un messaggino di buongiorno, e goderne finchè arrivano, ma che anche senza alla fine si ci alza lo stesso e la giornata scorre come deve, che ritrovarsi addosso dei profumi che non si ci è resi conto di essersi portati via da un altro è elettrizzante, ma che va bene anche cullarsi nel proprio odore o magari cambiare una fragranza al giorno, sperimentare la varietà.

E poi, durante tutto questo periodo, mi sono concessa anche il lusso della lettura e ho conosciuto i protagonisti di un libro molto particolare che parla di perdite, famiglia, amori complicati, personaggi contorti, trasformazioni, di morte.

Immedesimarsi è un esercizio empatico che dovremmo imparare a fare tutti per capirci meglio e capire di più gli altri e in questo caso non è stato nemmeno così difficile visto che sono tutte cose che ho vissuto in questi ultimi mesi, eventi e personalità che ho dovuto gestire. E ho capito che in questo periodo, oltre ad aver inconsciamente imparato a difendermi dagli uomini contorti, anzi, ritorti su se stessi, ho istintivamente fatto come uno dei personaggi consiglia al protagonista:

“-  Ha presente in aereo, come ci si deve comportare in caso d’emergenza? Ha presente cosa dicono di fare con le mascherini per l’ossigeno?

– Prima infilarsela per se, poi ai bambini…

– Lavoriamo sui desideri, sui piaceri. Perche anche nella situazione più disastrosa i desideri e i piaceri sopravvivono. Siamo noi che li censuriamo. Quando siamo colpiti da una perdita censuriamo la nostra libido, mentre è proprio quella che può salvarci. Ti piace camminare in riva al mare, mangiare la maionese, dipingere le unghie, catturare le lucertole, cantare? Fallo. Questo non risolverà nemmeno uno dei tuoi problemi ma nemmeno li aggraverà, e nel frattempo il tuo corpo si sarà sottratto alla dittatura del dolore che vorrebbe mortificarlo.”

E infatti ho guardato tanto il mare, cantato mentre guidavo a finestrini aperti o sotto la doccia canzoni sdolcinate, alle quali tutto sommato credo davvero poco ormai, e inni alla vita e all’estate.

Ma più di ogni altra cosa ho amato, e lo sto facendo ancora, le vicinanze spontanee, quelle che nascono incuranti degli intorni, i discorsi senza parole, la spudoratezza silenziosa, diretta, tutte cose di cui dubitavo in passato, che mi insospettivano addirittura, ma che invece hanno il ruolo fondamentale di non farci perdere nessuna delle opportunità di appagamento che la vita ci offre.

Ho imparato a gestire i finali, guardandoli solo come nuovi inizi e considerando la nostalgia come un bel ricordo di qualcosa che non si può avere più e punto.

Ed è vero, mio caro amico, non ho scritto più perchè tutto sommato quest’estate andava bene così, andava bene essere tutto e non essere niente allo stesso tempo.

Ed essere a volte anche un pò come Venezia: “ bella, ma non ci vivrei…”.

Perchè ho capito che c’è un vantaggio impareggiabile ad essere come Venezia: si resta meravigliosamente belle, in tutti i sensi, indipendentemente da chi deciderà di restare.

Contrariamente a quello che tutti rimproverano al protagonista del libro, ho fatto l’opposto del colibrì che impiega tutte le sue energie per restare fermo, ed ho usato le poche forze che mi erano rimaste per muovermi in una direzione che fosse rigenerante per me.

Sono riuscita ad essere felice nonostante tutto, hai ragione, e te lo confermo: la felicità è spietata e adesso è una tentazione difficile da arginare per me, che non necessariamente va a conciliarsi con l’amore se non con quello per me stessa, e che per durare deve essere in grado di gestire gli alti e bassi di adrenalina, e di non caricarsi di nessun’altra aspettativa o preoccupazione che non sia, appunto, il godimento e la passione per me.

Va aspettata la felicità.

Perciò ho imparato a godere per tutto quello che ho superato, per quello che non mi ferisce più, per quello in cui alla fine di questa stagione mi sono ritrovata ad apprezzare come regalo inatteso dalla vita.

E so che comunque è un equilibrio fragile e delicato e sarà messo a dura prova dalle prime piogge autunnali, e dall’inverno che è notoriamente lungo e richiede periodi di rifugio in porti sicuri dove aspettare che passi il mare grosso.

Non so dirti se io troverò il mio porto o se lo sarò per qualcuno, ma so di certo che aspetterò il ritorno dell’estate, e nel frattempo continuerò a vedere dove mi conduce questa strada nuova e se ispirerà ancora argomenti su cui scrivere.

Come ti dicevo, amico mio, tutto ha una fine anche le passioni come lo scrivere e la voglia di raccontarsi possono scemare per fare spazio ad altro.

 Ma per adesso voglio rassicurarti, sono qui e sto bene… non è finita la lettera, è finito solo il foglio.

2 pensieri su “Message in a post…

  1. Anna Colosimo ha detto:

    Per prima cosa voglio il titolo di questo libro:magari aiuta anche me.Poi aggiungo per quel che posso captare da quello che scrivi,trasmetti,foto,sorrisi,musi,Anna,la famiglia,confermo che sei una persona splendida e in continua evoluzione.Cosi dovrebbe essere per sopravvivere in questa giungla di vita,invece molti di noi,rimaniamo fossilizzarsi nel proprio dolore,dove addirittura troviamo piacere,invece dovremmo fare come ci suggerisce la signorina dell’aereo:la mascherina prima a noi e poi a chi è vicino a noi.Tu hai trovato,credo,a star bene con te stessa,ci hai provato,ci stai provando.Io ancora sto correndo,sto cercando di stare bene con me stessa,perché arriva il momento in cui ci troveremo da soli,mio padre diceva:si nasce in compagnia,si muore da soli.Un esempio banale,ma x me importante,è che nonostante la tua separazione,Anna piccola,le altre delusioni amorose,il cambio del lavoro,hai dovuto imparare,ma ti sei concentrata su te e Anna.Il marito è diventato un’ex, con la famiglia di lui si perdono “obblighi e doveri”e ancora non hai nipoti,x cui x me ti sei potuta o sforzare di concentrarti sul cambiamento .A differenza tua ,se la mia personale di famiglia di origine è finita,non ho tempo o non lo voglio trovare,ma ancora fili con un suocero,un marito,un genero,3 uomini diventati ingombranti ,che tolgono il fiato,poi c’è Eleonora dove si è incastrata in un’amore sbagliato e malato e a farne le spese sono i bimbi,ecco Francesco è la mia ancora di salvezza in lui trovo un porto sicuro,pensa.E’ vero tutto ha un fine,e quest’anno lo.abbiamo provato,con il Coronavirus che ha bloccato le nostre vite,e nel tuo.caso si è aggiunta.anche la morte di papà,e la morte stravolge,ti stravolge,tutto diventa precario ,capisci che”e’ tutto un mozzico sta vita”Allora vivi,continua a cercare,cresci,godi delle piccole cose,perché oltre te stessa hai vicino a.te un grande amore x la vita”tua figlia”ANNA”goditela tutta,adesso,perché poi anche lei crescerà e chissà se qualcuno te la porterà via…Vivi anche per tutte le donne con non trovano la forza.Scusa…scusa la mia lunga risposta.Ti abbraccio

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    • Oriana ha detto:

      Anna, ma non ti devi scusare, sai che mi fa sempre piacere sentirti. Hai ragione, la morte stravolge, ma se si riesce a trasformare il dolore in spinta vitale aiuta a migliorarsi, insegna a non perdere tempo e spazi, a godersi prima se stessi poi gli altri. E io provo a fare questo e quando ci riesco sono felice davvero. Sii forte, cito anche io mio papà che diceva : figli piccoli guai piccoli, figli grandi guai grandi… È tutto normale, basta sempre ricordarsi che dove c’è un problema c’è sempre anche una soluzione. Va capita e cercata, ma c’è. Il libro si chiama ‘il colibrì’… Ti stringo forte forte!!

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